Centro Italiano di Meditazione


Una forte motivazione si ottiene solo sulla base di una chiara consapevolezza dello stato che si vuole e/o si deve abbandonare. Per questo è necessario riconoscere il proprio stato di sofferenza, senza farsi cogliere da atteggiamenti nichilisti o pessimisti, ma rimanendo però realisti riguardo la propria situazione. Quando iniziai questo percorso la mia motivazione era inesistente. Ero attratto dalle pratiche mentali come l’ipnosi e l’autoanalisi. All’epoca ero un fumatore e avevo sentito dire che tali tecniche potevano aiutarmi. Alla fine venni a conoscenza di alcune tecniche meditative basate su scritture vediche e yogiche dell’India antica, le studiai e le imparai. Ovviamente non ero ancora minimamente consapevole che una meditazione non vale l’altra e che la pletora di tecniche e misture etniche da cui siamo inondati non hanno nulla a che vedere con gli insegnamenti originali ed efficaci del Buddha.
All’inizio non mi chiedevo perché meditavo e così la pratica finiva per essere saltuaria e singhiozzante.
SuttaMagga
ARTICOLO
Incrollabile Motivazione
La spinta verso il traguardo
La motivazione nella pratica è un punto saliente ed importante. Non si procede senza una salda e sana motivazione. Si ha il rischio di girare in tondo.
Ogni volta che mi sedevo sul cuscino di meditazione, cercavo di sforzarmi di raggiungere chissà quale stato di cui non conoscevo nemmeno l’intento.
Tutto questo andò avanti finché non incontrai davvero il Buddha e il suo insegnamento. Quando parlo di incontrare l’insegnamento, intendo la capacità di farlo risuonare, capire le intenzioni, le motivazioni e riconoscerle in se stessi.
Avevo sempre pensato alla sofferenza come una maledizione che si accendeva improvvisamente a fasi alterne. Avevo addirittura estrapolato le mie esperienze per ricavarne una specie di folle equazione. Attraverso di essa avevo postulato che la sofferenza si presentava sempre in gruppi di tre avvenimenti dolorosi consequenziali, uno di seguito all’altro, prima che tornasse il sereno. La mia ignoranza era andata a scomodare addirittura la numerologia.
Vedevo la sofferenza come fosse una malattia acuta, un attacco influenzale di cui sbarazzarsi il più presto possibile e con qualsiasi mezzo.
Durante il mio percorso, la saggezza, l’intelligenza e lo spirito pedagogico del Buddha mi insegnarono che la sofferenza è una reltà con cui confrontarsi diversamente nella vita. E’ una malattia cronica che ogni tanto rialza la sua testa velenosa. Ogni tanto matura i suoi frutti e ci scuote come fuscelli. Imparai che il suo riacutizzarsi derivava dalla mia totale ignoranza e dalla mia totale illusione.
Credevo che la carriera, l'arte, l’amicizia e l’amore (con la A maiuscola, dicevo) mi avrebbero salvato. Che avrei dovuto sforzarmi un altro po’ per raggiungere la felicità, che una volta raggiunti tali traguardi sarei stato a posto. La paura sarebbe svanita e la mia vita avrebbe avuto un senso "definitivo". E poi di nuovo la sofferenza si ripresentava come una malattia di cui non si conosce cura e sollievo, e impietosa spazzava via tutte le mie speranze e i miei progetti.
Cominciai allora ad ascoltare veramente il Dhamma e le parole del Buddha. Le accolsi dentro di me non come una sostanza estranea, ma come la risposta a quello che stavo cercando, allo stesso modo in cui un assetato nel deserto accetta l'acqua fresca che gli salverà la vita. Feci per la prima volta un atto di coraggio. Ammisi di aver sofferto, che soffrivo e che sicuramente sarebbe accaduto di nuovo. Ammisi la paura della morte, della malattia e della vecchiaia. Accettai finalmente la fine di un atto d’orgoglio e affrontai la mia vera e totale solitudine, anche se immerso in rapporti soddisfacenti e in atmosfere dense di calore umano.
Accettai finalmente la prima Nobile Verità: nella vita esiste la sofferenza! Non appena avvenne questo miracolo di abbandono e consapevolezza, improvvisamente la mia motivazione crebbe come una foresta tropicale. La pratica assunse il suo vero ruolo, senza avere più le connotazioni matrigne della pesantezza.
Sentii il peso della mia reale condizione e la pratica, che avevo pensato fosse il mio fardello, alleggerì il mio animo costipato e impoverito da tante lotte. Abbracciai il sentiero del mio vero maestro, il Buddha, e improvvisamente la mia mente cominciò a fare balzi in avanti come un corridore di atletica.
La vita non mi era più nemica, l’amore non aveva più le connotazioni di uno straniero che ci visita e poi sparisce. Improvvisamente nuotavo in un lago di fiducia e non più di cieca speranza. Questa fu la svolta. Questo accese la mia motivazione. La fiducia. La fiducia che qualcuno aveva scoperto un tesoro nascosto nelle nostre menti. Che quella chiave che mi si offriva era la salvezza. Non mi abbandonai più ad una cieca speranza, lasciando che la vita passasse senza il mio intervento. Divenni finalmente attore e non più spettatore di una farsa in atto dalla mia nascita. Ero intenzionato a smascherare la regia di questo teatrino.
Abbracciai il Buddha come si abbraccia un salvatore. Riconobbi i suoi sacrifici come uomo e come maestro. Lo ringraziai per questo e capii l’immenso tesoro che aveva donato a tutti noi. Sostai finalmente nella sua ombra, che leniva i miei occhi acciecati dallo sfavillio dell’illusione.
Ecco cos’è la vera motivazione: smettere di nascondersi. Smettere di accettare una vita al buio senza prospettive, affidata al caso e all’inganno. Smettere di incolpare gli altri, il tempo e le cose per la nostra situazione. Smettere di giudicare la nostra sofferenza come qualcosa di circoscritto e di passeggero, qualcosa che passerà e che non tornerà mia più. Perlomeno in quella forma e sembiamza. Smettere di credere in questo inganno e scorgere la capacità della nostra mente di nascondere le prove di tanto dolore, giudicando quegli eventi come legati ad un contesto temporale esterno e non alla nostra profonda condizione interna.
Solo allora arrivano i frutti della pratica. Il frutto di vedere e riconoscere il proprio volto e quello altrui, fare pace con se stessi e con l’universo intero. Sentirsi sempre in armoniosa compagnia.
Avere per sorelle le foglie degli alberi e per madre la luna che sorge. Sentire la musica dei pianeti che girano attorno alle loro orbite, palpitare all’unisono con il riverbero delle lucciole, aggiungersi al coro dei grilli nei prati ed abbracciare l’intera umanità in me e negli altri. Inchinarsi di fronte al miracolo della vita. Rimpicciolirsi come Alice nel paese delle meraviglie e umilmente riconoscere la grandezza di tutto il resto. Non vedere più nemici, rancore e solitudine, ma opportunità, figli, fratelli, amanti, mogli, mariti, padri e madri che si sono smarriti, persi e per i quali ci si augura che un giorno facciano ritorno anche loro.
Questa è la magia della motivazione, la magia di fare la propria conoscenza ed innamorarsi di se stessi e di questa opportunità di vita. La motivazione è ammettere di essere ammalati e voler guarire, abbandonandosi alla cura però, senza le nostre egoistiche condizioni. Voler uscire da questa casa di bambole dove occupiamo posti e ruoli che non abbiamo scelto e che, anzi, vanno in direzione opposta al nostro benessere. Riconoscere la saturazione psichica causata da continue distrazioni in cui ci perdiamo, i continui tentativi di riempire un vuoto incolmabile. E' trascendere finalmente le nostre dipendenze. E' uscire da questo lungo sonno in cui si sopravvive, sperando che la vita non si accorga troppo di noi, e da questa anestesia etico-morale-emotiva che è ormai diventata la nostra condizione di normalità.
Oggi ricordo quanta smania era presente in me e ricordo di come mi sentissi in trappola, senza scampo, come se guardassi il cielo al di sotto di un lago ghiacciato dove ero incastrato, al buio e al gelo, smarrito e impaurito come un bimbo all’interno di un chiassoso luna park pieno di facce estranee e rumori assordanti.
Ora la mia motivazione è comunicare al mondo intero questo messaggio, amplificare la voce del Buddha, affinché tutti sappiano come ritrovare se stessi e dove cercare. Affinché tutti scoprano l’immenso tesoro sepolto dentro di loro, senza abbandonarsi al caso di un architetto mentale beffardo. Affinché tutti possano sentirsi finalmente giunti a casa.
La vostra vera motivazione non è ricorrere ad un palliativo, alla cura di un sintomo. La vera motivazione è capire il ruolo di tutta l'esistenza senza far finta che questa vita ci riguardi parzialmente, che il nostro sia "nostro" e che il resto sia un affare della parte restante.
La vera motivazione sorge quando il miraggio onirico in cui viviamo si denuda di fronte al viaggio da intraprendere e che, invece, questo sogno continua a ritardare... continua ad offuscare.
La vera motivazione è la nostra vera salvezza, è l'antidoto a tanto veleno e a tanta voglia di dormire. E' la voglia di svegliarsi prima che il sonno ci conduca ad un definitivo oblio.


Varie
Panoramica
Meditazione Originale
Jhana
Vipassana
Samadhi
Samatha
Visione Profonda
Meditazione di Consapevolezza
Corsi di Meditazione
Meditazione sul Respiro
Pratica & Meditazione
Centro
Italiano di
Meditazione
SuttaMagga
CIMSM
AVVISO: Le informazioni contenute in questo sito sono a carattere divulgativo e non costituiscono in nessun caso consulenza di alcun tipo e pertanto non devono per nessun motivo essere usate come sostituzione di un intervento specialistico o consiglio medico. Le affermazioni contenute in questo sito, infatti, non sono intese come diagnosi, cura, o per prevenire o trattare nessun tipo di disturbo fisico o mentale.
Per qualsiasi problema o errore di questo sito vi preghiamo di contattarci
Sociale
Venite a trovarci su Facebook alla pagina suttamagga.it