1. Quali sono le Nobili Verità?
Le quattro Nobili Verità sono il cuore dell'insegnamento del Buddha. Esse costituiscono l'essenza del Dhamma (Insegnamenti), pervadendone ogni parte e ogni aspetto.
Queste Verità sono:
a. La Nobile Verità dell'esistenza della Sofferenza (Dukkha);
b. La Nobile Verità dell'origine di Dukkha;
c. La Nobile Verità della cessazione di Dukkha;
d. La Nobile Verità del sentiero che conduce alla cessazione di Dukkha.
2. Perché sono indicate come Nobili e come Verità?
L'aggettivo Nobile si riferisce al fatto che sono state scoperte da una persona estremamente nobile, lontana ormai da ogni impedimento. Oltre a ciò la persona che le scopre e le penetra nel suo significato profondo ne ricava la nobiltà intrinseca.
Sono chiamate verità perché al di là della loro scoperta da parte del Buddha esse esistono comunque, oltre il tempo e uno specifico contesto culturale. Esse sono, infatti, incontrovertibili e inconfutabili. Non esiste nessuno, infatti, che può provare inesistenza della sofferenza nella vita di tutti gli esseri.
3. La prima Nobile Verità: ESISTENZA DELLA SOFFERENZA
Nella vita esiste la sofferenza (Dukkha). Il Buddha NON ha mai detto che la vita è sofferenza, ma che essa la contiene ed è un ‘ingrediente’ imprescindibile. Questa retta visione e lettura rende giustizia agli insegnamenti, sventando qualsiasi intento nichilista e pessimista.
La parola Pali ‘dukkha’ ha un significato molto più ampio e più applicabile della nostra parola sofferenza. Oltre a questa traduzione, dukkha implica più genericamente ‘disagio’ in senso lato, indicando anche forme più sottili ed inconsapevoli di sofferenza. E’ importante vedere ciò che il Buddha ha catalogato come sofferenza per rendercene pienamente conto.
a) Nascita è Dukkha
Secondo il buddismo storico delle origini (per capire questa distinzione si legga l'articolo dello stesso autore sulla deriva del Buddismo in questo stesso sito alla pagina http://www.suttamagga.it/Veicoli.html) ogni fenomeno è soggetto genericamente a 3 fasi o passaggi: genesi (o nascita, manifestazione), sviluppo (o crescita, invecchiamento) e dissoluzione (o morte). Poiché la nascita porta con sé dapprima invecchiamento, sofferenza fisica, mentale e poi morte, viene considerata sofferenza, anche se solo potenzialmente.
b) Invecchiare è Dukkha
L’invecchiamento implica una progressiva perdita delle nostre facoltà fisiche e mentali. Dapprima tali facoltà di solito sono così sottili da non essere notate, ma questo processo inizia il giorno stesso della nascita. Quindi l’invecchiamento implica il divenire canuti, perdere i denti, riempirsi di rughe, incurvarsi, perdere l’udito e la vista. Questi fenomeni possono essere più o meno rapidi e più o meno gravi, ma esistono sempre associati anche al decadimento della nostra mente, provocando persino un’invalidità fisica o mentale.
c) La Morte è Dukkha
Anche se la morte di per sé non contempla nel suo preciso accadimento sofferenza, poiché presuppone il decadimento degli aggregati mentali e fisici, l’attesa della sua venuta resta però fonte di grande ansia e paura, quindi di sofferenza. Di solito si ha paura della grande incertezza che tale fenomeno porta con sé e questo genera molta sofferenza. Anche coloro che non hanno paura per la loro sorte, possono essere comunque in ansia per le sorti dei loro cari quando la morte li colpirà, o per la morte dei propri congiunti. Pertanto essendo la morte fonte di grandi ansie e agonie, fu considerata dal Buddha come Dukkha.
d) Il dispiacere è Dukkha
Il pensiero di perdere i propri cari, di perdere le proprie sicurezze materiali, il deterioramento della salute, l’abbandono di una condotta etica, tutto questo è Dukkha o conduce a Dukkha. Il dispiacere può generare tanta sofferenza da condurre perfino alla morte (suicidio, omicidio, morte prematura per le condizioni di salute deterioratesi).
e) Il lamento è Dukkha
Il lamento si genera dalla perdita (di affetti o possedimenti) o da altre cause. Il lamento nasce da una mente assente in preda all’isteria, che incolpa gli eventi o altre persone per le sue perdite. Questi atteggiamenti, anche se intrinsecamente non sono vera sofferenza, conducono ad una progressiva sofferenza fisica e mentale e per questo motivo ciò è stato considerato dal Buddha come Dukkha.
f) Il dolore fisico è Dukkha
Anche gli animali hanno paura del dolore fisico, che genera anche stress mentale. Tutti gli esseri cercano di evitarlo.
g) Il disagio mentale è Dukkha
La preoccupazione, l’ansia, la depressione, il dispiacere, l’odio, la paura, e così via, creano condizioni che opprimono la mente e torturano il corpo, causando insonnia, stress, disordini alimentari e un’indicibile sofferenza, che può essere causa di un decadimento delle condizioni di salute e perfino della morte.
h) La disperazione è Dukkha
La disperazione è causata da un’agonia mentale causata da una perdita di affetti, proprietà o di altro genere. Questi continui scoppi di disperazione “bruciano e consumano” la mente, portando il soggetto anche alla follia o al suicidio.
i) Il detestabile è Dukkha
Essere in presenza di persone che detestiamo o di situazioni e oggetti che non ci piacciono, crea una reazione fisica e mentale di forte disagio e sofferenza.
j) Essere separati dai propri cari e dai propri averi è Dukkha
Queste situazioni possono creare una forte agonia e uno sconforto fisico.
k) Non ottenere ciò che si desidera è Dukkha
In questa sezione possiamo inserire anche il desiderio di liberarci dalla sofferenza stessa. Tutti i tentativi di liberarci della sofferenza con altrettanti atteggiamenti samsarici, non fanno altro che aggiungere e aggravare la sofferenza. Solo l’Ottuplice Sentiero può liberarci dalla sofferenza per sempre. Anche il desiderare continuamente beni e ricchezze mondane reca sofferenza, aumentando da un lato l’ansia e dall’altro rendendoci incapaci di apprezzare la nostra vita.
In breve la sofferenza nasce a causa della presenza dei cinque aggregati che causano desiderio e poi attaccamento.
I 5 Aggregati (Khandha) sono:
1) Forma, o aggregato materiale, o corpo che a causa dei suoi sensi entra in contatto;
2) Sensazione, quello che nasce dal contatto (ad opera degli organi di senso che appartengono all’aggregato precedente), che può essere piacevole, spiacevole o neutro;
3) Percezione, il riconoscere o ricordare ciò con cui siamo venuti in contatto;
4) Formazioni mentali, è la volontà di andare verso il contatto percepito, il riportarlo al proprio vissuto, il giudicarlo, manipolarlo. Qui inizia il film personale mentale;
5) Coscienza, esistere mentalmente in quel modo e in quella maniera. La nostra mente concettuale e i suoi atteggiamenti.
4. La Seconda Nobile Verità: ORIGINE DELLA SOFFERENZA
Secondo gli insegnamenti del Buddha l’origine della sofferenza è “Tanha” ossia la Brama o il desiderio ardente, che ci accompagna sin dalla nascita alla ricerca del piacere e verso l’avidità, rincorrendo in continuazione il dilettevole.
Ma che cos’è Tanha nello specifico? Il desiderio ardente si divide in:
A. La Brama dei sensi, il rincorrere il desiderio dei piaceri sensuali;
B. La Brama per un’esistenza eterna, rincorrendo la credenza di un esistenza continua dopo la morte (eternalismo);
C. La Brama per una non-esistenza, abbandonandosi alla credenza che non ci sia nulla dopo la morte (nichilismo).
Da dove sorge il desiderio e dove affonda le sue radici?
Ovunque nel mondo ci sia piacere o piacevolezza c’è Tanha o Brama che sorge, prende piede e affonda le sue radici.
Quali sono le cose piacevoli e il diletto in questo mondo?
Sono quelle percepiti dai nostri 5 organi di senso + la mente (che viene considerata il 6° senso) ad opera delle loro 6 funzioni: tatto, gusto, olfatto, vista, udito e oggetti mentali.
Queste funzioni provocano le 6 coscienze: il vedere, il sentire, il toccare, il gustare, l’odorare e il pensare.
A loro volta queste 6 coscienze provocano 6 tipi di contatto o impressioni.
Questi contatti provocano: sensazioni, percezioni, formazioni mentali e desiderio.
A. La Brama dei Sensi
Il desiderio sensuale è la brama dei sensi per gli oggetti piacevoli, sia che appartengano a noi che ad un’altra persona. Tali oggetti sono:
§ cose belle da vedere, che possono essere forme, apparenza o corpi;
§ suoni piacevoli e oggetti sonori, come le voci e le persone che le emettono;
§ profumi o odori suadenti e le persone che li portano;
§ sapori deliziosi e i cibi che li causano, come anche gli uomini e le donne che preparano o servono quei cibi e quei sapori;
§ sensazioni tattili che causano piacere;
§ desiderare di essere qualcun altro, di esser nato in altra condizione. Il piacere nel cullarsi in tali pensieri fantasiosi provoca desiderio ardente.
Da un punto di vista più mentale il desiderio dei sensi nasce anche dall’Ignoranza, ossia dal non saper vedere le cose come realmente sono, che generano le seguenti condizioni che provocano desiderio e quindi attaccamento:
§ Scambiare ciò che è impermanente per permanente;
§ Scambiare la sofferenza come felicità;
§ Vedere un Sé dove non c’è;
§ Scambiare il ripugnante per bello.
Tutta questa brama conduce a delle azioni per soddisfarla. Tali azioni sono il nostro Kamma e Sankhara (formazioni mentali o attività della volontà) che sono responsabili della nostra vita presente e futura. La Brama o desiderio ardente non si spegne neanche al momento della morte, dove l’insoddisfazione diviene addirittura più tenace e forte, generando sofferenza, dispiacere e un forte attaccamento.
B. La Brama di un’esistenza eterna.
Entrambe queste posizioni conducono al desiderio e all’attaccamento. Nel primo caso bramare un’esistenza eterna conduce all’attaccamento di comportamenti e pensieri per soddisfare i requisiti per accedervi.
C. La Brama per il nichilismo
Nel caso del nichilismo o nel credere alla completa dissoluzione di corpo e mente dopo la morte, tale concezione può condurre ad un’etica-morale traballante o addirittura insana e dannosa per sé e per gli altri, sentendosi completamente liberi di operare a tutto vantaggio di se stessi. Questo senso di apparente libertà e di deresponsabilizzazione può essere molto attraente, generando desiderio. Il desiderio è accentuato anche dal fatto che ponendo l’accento soltanto su questo corpo e questa vita, si rinforzano gli attaccamenti generati dai sensi.
5. LA TERZA NOBILE VERITA’: CESSAZIONE DELLA SOFFERENZA
secondo il Buddha la cessazione della sofferenza esiste ed è applicabile. Questo implica il lasciar andare l’attaccamento che deriva dal desiderio o brama, conducendoci alla liberazione di questa dipendenza che genera tanta sofferenza. Quindi la cura per la sofferenza risiede nell’estinzione della sua causa, ossia la brama.
Esistono 4 stadi per raggiungere l’estinzione della brama.
A. Primo Livello
Colui che ha raggiunto il primo livello di estinzione viene definito Sotapanna o ‘colui che è entrato nella corrente’, poiché è entrato dentro la corrente o flusso che conduce verso il Nibbana. La corrente rappresenta l’Ottuplice Sentiero. Un Sotapanna possiede una fiducia irremovibile nel Buddha, nel Dhamma e nel Sangha (i 3 Gioielli). Non riesce più a infrangere i 5 precetti o a commettere nefandezze. Ha anche sconfitto le proprie illusioni, i dubbi e le false pratiche che non conducono alla fine della sofferenza. Poiché non ha completamente sradicato gli ostacoli che lo legano all’esistenza ci saranno ancora poche rinascite nel regno dei sensi. Per un Sotapanna le porte degli stati di miseria e afflizione sono chiuse per sempre e non tornerà più ai precedenti stati mondani. Alla fine potrà ottenere la condizione di Arahant e entrare nel Nibbana.
B. Secondo Livello
Colui che ha raggiunto questo livello viene definito Sakadagami, che significa letteralmente ‘colui che torna solo una volta’. La sua comprensione indebolisce ulteriormente la brama dei sensi a tal punto da tornare solo una volta sul piano dei sensi prima di diventare un Arahant. A confronto con un Sotapanna, un Sakadagami soffre meno di avidità, di risentimento e fissazioni.
C. Terzo Livello
Colui che ha realizzato questo livello viene chiamato Anagami. Poiché questo livello distrugge gli ostacoli del risentimento e della brama dei sensi, un Anagami non farà mai più esperienza di rabbia, odio, preoccupazione, paura e disperazione, né di nessun altro sentimento spiacevole o negativo. Non proverà neppure alcuna brama per il piacere dei sensi. Per questo non rinascerà nei regni della sfera dei sensi, ma solo nelle dimore di purezza (il significato della parola è ‘colui che non ritorna’, inteso nel regno dei sensi).
D. Quarto Livello o Livello Finale
A questo livello appartengono gli Arahant. Un Arahant è colui che ha superato tutte le forme di attaccamento e spezzato ogni catena o falsa visione. Un Arahant è completamente libero da ogni ostacolo e turbamento e non potrà in alcun modo accumulare altro Kamma. Non è soggetto a rinascita poiché le condizioni per ciò sono state completamente distrutte. Un Arahant ha completamente realizzato il Nibbana e la cessazione di qualsiasi forma di sofferenza.
6. LA QUARTA NOBILE VERITA’: IL SENTIERO CHE CONDUCE ALLA CESSAZIONE DELLA SOFFERENZA
Questo sentiero indica la strada verso il Risveglio o Nibbana. Esso contempla il cosiddetto Ottuplice Sentiero.
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