Centro Italiano di Meditazione



Il presente Sutta (che significa discorso, racconto) è il quarto della raccolta dei Sutta contenuti nell'antologia nota come Majjhima Nikaya (che significa: raccolta di racconti di media lunghezza). Questo Sutta è una testimonianza del Buddha.
In questo Sutta, infatti, il Buddha, incitato dalle richieste di un bramano (casta sacerdotale induista), racconta del suo smarrimento e la sua paura agli inizi della sua pratica, quando ancora non era un risvegliato. E' un racconto che ci ricorda che anche il Buddha ha iniziato come noi, con dubbi, paure, terrore e perplessità.
SuttaMagga
ARTICOLO
Bhayabherava Sutta
(dalla raccolta Majjhima Nikaya N.4)
Spavento e Terrore
Questo Sutta (discorso) rivela la battaglia del Buddha contro lo spavento e il terrore, mediante la meditazione e il raggiungimento dei Jhana.
Come uscire da tanto smarrimento e paura? Attraverso le contemplazioni o i Jhana, i profondissimi stadi meditativi. Il Buddha richiedeva sempre ai suoi discepoli di raggiungere la chiarezza e la perfetta saggezza del 4° Jhana, e noi nella nostro centro applichiamo la stessa regola.
Oltre a ciò il Buddha sottolinea l'importanza di coltivare rette azioni, parole e pensieri per arginare la paura e il terrore, anche se la piena dissoluzione avviene con la pratica degli stati meditativi chiamati Jhana.
La sola ricetta di successo in tutto questo è la perseveranza nella pratica fino al risveglio. Ma il Buddha, come apparirà evidente verso la fine, praticò anche dopo il risveglio. E come contraddire la somma importanza della perseveranza nella pratica. Ricordiamocelo sempre.
Il presente discorso è un'occasione per quanti non conoscono affatto questo genere di insegnamenti, la loro forma espressiva e il loro contenuto, che dobbiamo ricordare risalgono a più di 2500 anni fa. Buona lettura.


Bhayabherava Sutta (dalla raccolta Majjhima Nikaya)

Una volta il Buddha soggiornava presso Savatthi, nel parco di Anathapindiko. Ad un certo punto, ecco avvicinarsi un bramano, chiamato Janussoni, che salutò il Sublime Risvegliato con riverenza e dopo essersi scambiati amichevoli convenevoli, gli sedette accanto e così gli si rivolse:

- "Questi giovani dal nobile animo, o Gautama (l'altro nome del Buddha, n.d.t.), che, per la fiducia che ripongono in te, hanno lasciato la loro casa per seguirti, essi ti onorano, ti hanno eletto a loro guida e hanno adottato anche loro la concezione e le regole di vita del signore Gautama."

- " E' proprio così, o bramano, tale è stata la loro scelta."

- " Però, o Gautama, la vita appartata e solitaria in luoghi remoti della profonda foresta è dura (n.d.t.: spesso i monaci dimoravano in boschi e luoghi appartati per trovare la tranquillità di praticare in solitudine); è difficile amare la solitudine e goderne il ritiro; i luoghi più ameni della foresta possono far agghiacciare il cuore nel petto ad un monaco che non riesce a dominarsi."

- "E' proprio così, o bramano. E' accaduta la stessa cosa anche a me, prima del mio pieno risveglio, quand'ero ancora imperfetto e cercavo, appunto, di raggiungere la piena saggezza del risveglio.
In quell'epoca pensavo a come tutti gli asceti o i bramani, che ancora non erano guidati da rette azioni, che cercavano luoghi appartati nel profondo della foresta, provano spavento e terrore per questo motivo.
A differenza loro, io agivo rettamente e anche io cercavo dei posti appartati nel cuore della foresta per poter praticare. Se esistono degli uomini coraggiosi, che seguono solo rette azioni e si rifugiano in luoghi isolati nel profondo della foresta, io sono fra questi.
A causa della mia rettitudine nell'agire, o bramano, crebbe il mio compiacimento nella vita della foresta (n.d.t.: qui il Buddha vuole sottolineare che è essenziale, per star bene con se stessi anche in solitudine e non essere colti da paura e sgomento, coltivare un comportamento etico, che elencherà fra poco).

Quelli che non dicono rette parole, provano spavento e terrore; ma io dico rette parole e quando osservai che possedevo questa rettitudine della parola, crebbe il mio compiacimento nell'isolamento della foresta.

Quelli non coltivano retti pensieri, provano spavento e terrore; ma io seguo retti pensieri e perciò crebbe il mio compiacimento nell'isolamento della foresta.

Quelli che non hanno un animo retto, provano spavento e terrore; ma io coltivo la rettitudine dell'animo e per questo motivo il mio compiacimento nella vita della foresta aumentava sempre di più.

Quelli che sono bramosi e pieni di forti desideri,
quelli che sono aspri nelle parole ed irosi,
quelli che sono accidiosi e pigri,
quelli che sono agitati e irrequieti,
quelli che sono incerti e dubbiosi,
quelli che lodano se stessi e biasimano il prossimo,
quelli che tremano e sono timorosi,
quelli che hanno brama di ricompense, di gloria e riguardi,
quelli che sono affranti e frustrati,
quelli che hanno la mente confusa e torbida,
quelli che hanno pensieri inquieti,
ed infine quelli che sono stupidi e sciocchi, tutti questi cercano luoghi remoti nel profondo della foresta e provano però spavento e terrore.
Ma io, non essendo così, cerco luoghi remoti nella foresta e in me aumenta il compiacimento della vita appartata e solitaria della foresta.

Allora, o bramano, cominciai a pensare: se in certe notti paurose, al plenilunio come al novilunio e in tutte le altre fasi lunari, io mi trovassi davanti a delle tombe nei boschi, o sotto gli alberi, e dimorassi in luoghi raccapriccianti pieni di orrore, per potermi mettere alla prova e misurarmi di fronte allo spavento e al terrore?
E a causa di tali considerazioni, infatti, cominciai a dimorare in luoghi che sgomentavano per l'orrore che suscitavano.
E mentre mi appartavo da solo in quei posti, ecco avvicinarsi non visto un capriolo, oppure accadeva che un altro animale spezzava un ramo, o il vento scuoteva il fogliame. In quelle occasioni io pensavo: ecco, ora apparirà davanti a me l'oggetto di tanto spavento e terrore che mi paralizza.
Ed allora, o bramano, così pensai: ma perché attendere impreparato l'apparire della paura? Non sarebbe meglio  essere capaci di saper affrontare immediatamente quelle sensazioni di spavento e terrore quando si dovessero palesare?
Quando, infatti, quella sensazione di spavento e di terrore scendeva su di me, in preda all'agitazione camminavo avanti e indietro senza sosta. Una tale agitazione non  mi concedeva pace e così non mi fermavo, neanche mi sedevo e né mi distendevo, finché camminando avanti e indietro, oppure rimanendo in piedi e immobile, o stando seduto o finalmente sdraiato , attendevo che quel forte spavento diminuisse e cessasse.

[...]

Eppure, o bramano, qualunque uomo può affermare di me che sono un essere senza vanità', venuto al mondo per il bene di molti, per la salute di molti, per loro compassione, per il bene degli dei e degli uomini; certamente questo si può dire di me (n.d.t.: qui il Buddha elenca le sue qualità karmiche per affermare che nonostante ciò e nonostante coltivasse qualità eticamente valide, non era immune dallo sgomento della propria mente. Ora elenca la soluzione a questo problema).

Nonostante ciò, io dovetti però perseverare per combattere tali paure, senza vacillare, con mente chiara, senza confusione, con la tranquillità dei sensi, senza agitazione, con la mente raccolta ed unificata nella meditazione. Lontano dal desiderio, dalle cose non salubri, io rimasi attento, col pensiero vigile, con la serenità e la pace che da qui nascevano: così raggiunsi il primo Jhana.

Dopo il sentire e il pensare che si trovano nella contemplazione del primo Jhana, io raggiunsi la calma interiore, l'unità dell'animo, la libertà di sentire e pensare con beata serenità, ovvero il seconda Jhana (n.d.t.: notate le qualità del secondo Jhana, a cui vanno aggiunte unificazione mentale e fiducia).

In una pace piena di serenità, riuscii a rimanere equanime, con mente chiara, saggia e cosciente. Provavo in me la felicità di cui i giusti parlano: chi vive nella saggezza dell'equanimità vive felice e cosi' raggiunsi la terza contemplazione o Jhana (n.d.t.: alcune qualità del terzo Jhana).

Dopo aver superato sia le gioie che i dolori, dopo aver superato la letizia e la tristezza che provavo in passato, io raggiunsi il quarto Jhana, dove non albergano tristezza e letizia,  ma solo equanime, saggia e perfetta purezza.

Con tale animo saldo, purificato, terso, sincero, mondato dalle impurità, malleabile, duttile, raccolto e incorruttibile, (n.d.t.: notate bene le qualità del quarto Jhana: saldo indica che nulla lo può far desistere da quello stato; purificato e terso indicano la mente sgombra e che è risanata da tali stati positivi;  sincero, indica che la consapevolezza è sveglia e vigile e nulla sfugge; malleabile e duttile indicano che la mente adesso è docile e può indirizzarsi dove vogliamo, cosa che farà fra poco; raccolto e incorruttibile indicano una mente concentrata, che non può cadere preda delle trappole dei sensi e dei pensieri comuni) a quel punto del quarto stadio rivolsi la mia attenzione alla memoria di anteriori forme di esistenza. E mi ricordai di molte diverse forme di esistenza anteriori a quella odierna, come quelle di una vita, di due vite, di tre, quattro, cinque, dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, cento, mille e centomila vite.
E poi delle epoche occorse nelle varie formazioni e trasformazioni dei mondi. Io ero là, avevo quel nome, appartenevo a quella famiglia, quello era il mio stato, quello il mio lavoro, provai quel bene e quel male. E poi ci fu la morte. Da lì, ormai trapassato, entrai ancora in nuove esistenze.
In questo modo mi ricordai di molte forme di esistenza occorse precedentemente, ognuna con i propri segni, ognuna con i suoi peculiari rapporti.
O bramano, nelle prime ore della notte avevo acquisito una tale conoscienza, avendo dissipato l'ignoranza, conseguito la saggezza, sconfitta l’oscurità, conseguita la luce, mentre con intento serio, solerte e infaticabile dimoravo nelle contemplazioni della meditazione.

Con tale animo saldo, purificato, terso, sincero, mondato dalle impurità, malleabile, duttile, raccolto, incorruttibile, rivolsi la mia attenzione allo sparire ed apparire degli altri esseri. Mediante l'occhio celeste, rischiarato e sovramondano, riuscii a vedere gli altri esseri scomparire e riapparire, volgari e nobili, belli e brutti, felici ed infelici, e capii in che modo gli esseri riappaiono sempre in base alle loro azioni (kamma, n.d.t.).
Quegli esseri che non sono retti in azioni, parole e pensieri, che biasimano ciò che è salutare, che hanno a cuore e fanno ciò che e' dannoso, in seguito alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, essi ritornano giù, su sentieri perduti, nella perdizione, in mondi di sofferenze infernali.

Di contro quegli esseri, che sono retti in azioni, parole, pensieri, e non biasimano ciò che è salutare, hanno a cuore e compiono ciò che è retto, a seguito della dissoluzione del corpo, dopo la morte, essi tornano su buoni sentieri, in mondi di celeste armonia.
Cosi' riuscii a riconoscere come gli esseri riappaiono sempre in base alle loro azioni (kamma, n.d.t.).
Mentre dimoravo infaticabilmente, solerte e con serie intenzioni nelle contemplazioni della meditazione, questa conoscenza, o bramano, avevo raggiunto nelle ore medie della notte, dopo aver dissipato l'ignoranza, conseguito la saggezza, dissipata l’oscurità, conseguita la luce.

In seguito mi rivolsi alle leggi che governano l'estinguersi della sofferenza (n.d.t.: le 4 Nobili Verità e l'Ottuplice Sentiero).

Scoprii ciò che è sofferenza; ciò che è l'origine della sofferenza; ciò che è l'annientamento della sofferenza; ed infine ciò che è la via che conduce alla cessazione della sofferenza.

[...]

Ma tu forse, bramano, potresti ora pensare: anche adesso, pero', l'asceta Gautama non e' del tutto privo di brama, avversione e vanità, perché egli ancora cerca luoghi appartati nel profondo della foresta per la propria pratica.
Eppure, bramano, tu non devi vederla in questo modo.
Esistono due ragioni che mi fanno ancora andare in posti solitari nel cuore della foresta, ossia il mio proprio benessere durante questa vita e la compassione per quelli che mi seguono."

"Il signore Gautama ha mostrato vera compassione, come si conviene al saggio, al completo risvegliato.
Benissimo, o Gautama, benissimo. Così come se uno ripristinasse ciò che e' rovesciato, o scoprisse ciò che è celato, oppure mostrasse la via a chi l'ha persa, o recasse luce nella notte.
Chi ha occhi vedrà le cose. Così il signore Gautama in vari modi ha esposto la dottrina.
E cosi' io prendo rifugio presso il signore Gautama, presso la dottrina e presso i discepoli, quale seguace voglia il signore Gautama considerarmi, da oggi per tutta la vita fedele."
Canone Pali

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